CHARLIE HEBDO


Dopo l'attentato al giornale satirico Charlie Hebdo mi è stata chiesta una mia opinione all'interno di un'intervista curata da Valentina Redolfi della Usc di Ladins del 16 gennaio 2015. Qui sotto riporto il testo tradotto e l'articolo originale in lingua ladina

"SONO ANDATI AVANTI PER LA LORO STRADA, HANNO SVOLTO IL LORO LAVORO. UN GRANDE CORAGGIO"
Dopo l'attentato alla rivista francese Charlie Hebdo l'autore di Scedola, Manuel Riz ci parla della libertà di espressione e di satira

Il fatto che l'attentato sia stato fatto ad un giornale satirico ti ha coinvolto maggiormente?
A beh, si. Questo mi tocca molto da vicino, visto che faccio questo lavoro da parecchi anni e come molti dei miei colleghi mi sento più coinvolto. Molti pensano che i vignettisti siano persone che illustrano barzellette umoristiche, ma in realtà non è così. Rispetto all'Italia, all'estero i vignettisti sono considerati come dei giornalisti che mettono il loro pensiero di vista in un disegno.

Quelli di Charlie Hebdo utilizzavano delle vignette molto provocatorie con dei pensieri forti...
Diciamo che se uno decide di darsi alla satira è una cosa mentre se decide di fare umorismo è un'altra cosa. La satira non ha confini religiosi, sessuali e di razza. Non ha regole. Nel momento in cui uno dice "io voglio fare satira" non può farsi scrupoli su niente.
Loro sono andati aventi per la loro strada ed hanno fatto il loro lavoro di satirici. Se fosse stato un giornale umoristico sarebbe stato diverso, perché la satira deve provocare. Non hanno avuto paura di andare avanti anzi, ci hanno dato dentro ancora di più e per questo sono stati uccisi.
Poi se devo essere sincero a me le loro vignette non piacevano; a me piace di più una satira più "fine" nella sua provocazione. Loro sono andati giù duri, ma questa era la loro linea che rispecchiava lo stile della rivista, una rivista molto popolare che vendeva sessantamila copie alla settimana.
All'inizio della sua storia nel 1968 il suo nome era "Charlie" e pubblicava mensilmente fumetti come i Peanuts e Andy Capp. Possiamo dire che il suo parallelo in Italia era Linus, e perfino Manara, che era stato presentato alla redazione da Wolinski (uno dei vignettisti uccisi) aveva pubblicato delle storie a fumetti su Charlie anche se non aveva niente a che fare con la satira. In seguito è stato trasformato in giornale satirico settimanale (Hebdo significa settimana).

Il fatto di continuare a difendere sempre e comunque il diritto di satira pensi che sia giusto?
Si, è un comportamento giusto, ma ci vuole tanto coraggio a farlo. Un altro giornale molto probabilmente si sarebbe fermato. Ma loro sono andati avanti con le loro idee ed hanno pagato con la vita.

Pensi che nei loro fumetti abbiano mancato di rispetto?
Dipende tutto da che punto di vista si vedono le cose. Diciamo che al satirico laico, che non ha nessuna fede religiosa, non gliene frega niente. Molti satirici, non credono in niente. Quindi parlare di Maometto, di Dio, degli ebrei o di qualsiasi altro, per loro è uguale mettendo tutti sullo stesso piano.
Per esempio qui da noi nella nostra cultura, conosciamo bene il pensiero della maggior parte delle gente e fin dove ci si può spingere. Io diverse volte sono stato censurato per qualche vignetta, ma è la linea della Usc di Ladins. Se fosse stata una rivista satirica, sarebbero stata pubblicate senza problemi, perché la satira se non disturba qualcuno non esiste.
Poi il disegnatore deve prendersi la sua responsabilità, firmando sempre la vignetta e quindi anche il lettore lo può contraddire scrivendo il suo punto di vista. Tutto ciò, anche qui da noi, non succede spesso, ma ci vorrebbe un confronto.
Anche con La Usc di Ladins succede che qualcuno si lamenta delle vignette, oppure mi hanno offeso via mail definendomi idiota, ma spesso telefonano alla redazione lamentandosi però vogliono restare nell'anonimato. Questo comportamento non lo trovo giusto. Io dico la mia disegnando e firmando la mia vignetta, così espongo il mio pensiero e se tu lettore vuoi dire la tua devi esporti e scrivere.
La differenza è il fatto che il disegno arriva spesso come un pugno allo stomaco; arriva a tutti, sia ai bambini che agli adulti. Ancora al giorno d'oggi nel 2015 il disegno ha una grande potenza espressiva. A Parigi però il confronto non c'è stato.

Tu ti sei mai fermato davanti alle critiche?
No, io non l'ho fatto. Poi come ho detto prima, non mi piacciono le vignette dove semplicemente si offende con una bestemmia. Non me le pubblicherebbero neppure, mi diverto molto di più quando posso giocare con le parole in maniera più tagliente, senza però rinunciare a tirare in ballo i "potenti" che sia il Papa, un presidente o l'assessore di turno. Per questo non mi creo problemi.

Tutto il mondo ha scritto "Je suis Charlie", ti senti anche tu Charlie?
Io mi sento Scedola! "Je suis Charlie" è più che altro un sostegno alla libertà d'espressione e di solidarietà alla rivista che è diventata il simbolo della libertà di pensiero; su questo sicuramente mi sento Charlie.


"I É JIC INANT PER SIA STRÈDA, I À FAT SIE LURIER. N GRAN CORAJE"
Dò l'atentat al sfoi franzous Charlie Hebdo l'autor de Scedola, Manuel Riz ne rejona de la costion de la libertà de esprescion e de satira

Che sie stat n atentat a n sfoi satirich te èl ciapà de più?
A beh, scì. Chest me toca davejin, gè fae chest mestire da desvalives egn e desche n muie de mie coleghes me sente più ciapà ite. N muie peissa che i vignetisć sie jent che scrif jù "barzellette" de grignèr, ma enveze no l'è coscita. Più che da nos, ti paijes foresć i vignetisć é desche giornalisć che met sie pensier te n dessegn.

Chi de Charlie Hebdo durèa vignetes n muie pizochentes, pensieres forc...
Dijon che se un dezide de fèr satira l'è na roba e se un dezide de fèr umorism l'è n'autra. La satira no l'à confins ne religiousc, ne sessuèi e nience de razism. No l'é regoles. Canche un disc "gè voi fèr satira" no l pel se fèr scrupol su nia. Ic é jic inant per sia strèda e i à fat sie lurier de satirics. Se fossa stat n sfoi de umorism fossa stat desvalif, ma la satira la cogn tocèr. No i à abù poura de jir inant anzi, i à smacà amò de più e per chest i é stac copé.
Dapò cogne dir che sia vignetes a mi no les me piajea, me pièsc più na satira sotila e fina. Ic é jic jù dures, ma chesta l'era la linia e l stil del sfoi, n sfoi cognosciù per chest e che ven sessanta mile copies en setemèna.
Al scomenz, canche l'é vegnù fora del 1968 l'aea l'inom "Charlie" e l publichèa comics desche Peanuts e Andy Capp. Dijon, l paralel de Charlie te la Franzia, l'era Linus te la Tèlia e per dir ence manara, che l'era stat prejentà da wolinski (un de chi copé) l'aea publicà comics sun Charlie che no aea nia a che fèr con la satira. Dò l'è stat man a man trasformà te n sfoi de satira e l'à tacà a vegnir fora no più n'outa al meis, ma n'outa en setemèna (Hebdo vel dir setemèna).

Chest jir inant a defener l derit de satira peisseste che l sie giust?
Ei, l'é n comportament giust, ma ge vel dir che ge vel aer coraje. N auter faziele l se aessa fermà. Ic é jic inant con sia idea a i l'à paà con la vita.

Peisseste che i abie emncià de respet te sia patofies?
L'é dut a seconda de coche se la veit. Dijon che al satirich laich, che no à nesciuna fé religiousa, no ge n sfrea dalbon nia. N muie de satirics, no i cree te nia. Donca parlèr de Maomet, de Die, di ebrees o de chi che mai, per ic l'é valif e i li met duc sul medemo pian.
Per dir, chiò da nos, te noscia cultura, saon che pensier che à la jent e fin olache podon ruèr. Gé ogne tant son stat censurà per vèlch vigneta, ma l'é la linea de la Usc di Ladins. Se fossa stat na revista de satira, se fossa jic inant sun mia strèda, percheche l'é normal, la satira, se no la piziochea zachei no l'à da esser.
Dapò l dessegnador se tol sia responabilità, l firma semper sia vigneta e ence l letor l pel dir la sia e scriver. Chest, ence chiò da nos, no l sozede trop, ma ge volessa n confront.
Ence te La Usc di Ladins l'é sozedù che rua critiches a la vignetes, o i me à ofnù e i me à chiamà idiota, ma i telefonea, i disc che no ge pièsc e i vel restèr te l'anonimat. Chest no l troe giust. Gé die la mia, fae mia vigneta che firme, chest l'é mie pensier e se te ves dir tu to pensier, te pes l scriver. La desferenza l'é che fosc l dessegn l'é desche n pugn tel stomech; i lo enten duc, che sie n bez o n gran. Amò aldidanché del 2015 l dessegn à na gran forza. A Parigi però confront no l'é stat.

Tu te èste ferà tedant a chela critiches?
Na, gé no l'è fat. Dapò, descheche é dit dant, no me pièsc chela vignetes olache l'é sù demò la bestemia. no i me la publicassa nience, ma me pièsc più jir sul sotil, jièr con la paroles, zenza ampò renunzièr a jièr ence coi "potenc" che sie l Papa, n president o n assesor. De chest no me cruzie.

Te dut l mond duc à scrit dora "Je suis Charlie", te senteste ence tu Charlie?
Gé me sente più Scedola! "Je suis Charlie" l'è n sostegn a la libertà de esprescion e de solidarietà al sfoi che ades l'é doventà simbol de la libertà de pensier; sun chest ben me sente Charlie.